Assolto, ma continuo a coltivare canapa

Mkb

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Hanta Yo nella lingua dei Sioux significa "che spiana il cammino". Loro, il cammino sulla strada di una comunità spirituale dove il subconscio poteva raggiungere uno stato di meditazione che li rendesse migliori come persone, lo avevano cominciato a Casa Danti, un borgo in mezzo al bosco di Santa Fiora. Dove avevano coltivato 79 piante di canapa indiana. Arrestati, processati. Assolti. Ma l'ascia di guerra contro chi non permette loro di coltivare marjiuana, hanno deciso di disseppellirla.

E di fondare, appunto, un'associazione che si chiama "Ascia" per la sensibilizzazione all'utilizzo della canapa indiana autoprodotta. Per rendere libera la coltivazione domestica dell'erba. Un'associazione che faccia il paio con quella già attiva su internet, all'indirizzo http://www.legalizziamolacanapa.org. Un sito che da mesi sta portando avanti la difficile battaglia per la legalizzazione. Una battaglia che Giancarlo Cecconi si è trovato a dover combattere all'improvviso. Nove mesi fa. Quando è stato arrestato, insieme alla moglie, perché fermato da una pattuglia di carabinieri nel viterbese con un grammo di erba in borsa. Arrestato, perché Giancarlo e la moglie erano sotto processo per un'altra vicenda. Quella appunto, della comunità indiana che avevano fondato sull'Amiata, dove vivevano quattro famiglie che coltivavano marjuana. Erba utilizzata per fumare la pipa davanti al fuoco, per celebrare una forma di spiritualità indiana che le mettesse in contatto con la natura e con loro stessi. «Nella nostra comunità sull'Amiata - spiega Cecconi - sono venuti sciamani dal nord e dal sud America a celebrare riti. In paese tutti sanno di noi e sanno anche che non siamo criminali o drogati». La stessa cosa l'ha pensata anche il gip Pietro Molino, quando, durante il processo alla comunità indiana dell'Amiata, assolse tutti gli imputati.

«In quell'occasione ci fu fatto presente che questa assoluzione non sarebbe stata ripetibile - spiega Cecconi - e che quindi avremmo dovuto smettere di coltivare canapa». E Cecconi, ha smesso? «No - dice - perché a questo punto c'è una falla nella legge che qualcuno deve cercare di cambiare. Il consumo di erba non è reato. Ma io non posso coltivarla. Dovrei andare a comprarla da un pusher. E lo spaccio è reato. Quindi, in qualche modo, si cerca di rendere i consumatori complici di un reato grave, che è lo spaccio». Nella comunità indiana sull'Amiata c'erano le tende dei nativi, dove si ritrovavano per condividere momenti di preghiera e festa. Coltivavano ortaggi e frutta, allevavano animali. Era una comunità autosufficiente, in tutto e per tutto. Poi, travolta dal processo, si sciolse. Soprattutto perché c'erano delle frizioni interne. Ma Cecconi e la moglie Marisa, non hanno cambiato le loro abitudini, se non in parte. Il lavoro, nel piccolo laboratorio artigianale dove realizzano vetri decorati, la filosofia, quella che li porta vicini ai Nativi d'America. Una comunione spirituale con loro stessi, con la natura e con gli altri. Giancarlo Cecconi, una lunga treccia di capelli bianchi sulle spalle, parla a voce bassa. Lo sguardo deciso di chi sa che la sua battaglia non è una guerra per lo sballo. Di chi sa, che il suo modo di vivere, soprattutto a casa sua, è un modo di vivere che non fa del male a nessuno. Fino a 25 anni fa Giancarlo e Marisa vivevano a Roma. Lui lavorava come impiegato. Poi la decisione di trasferirsi in campagna. Scelsero Santa Fiora, trovarono quel borgo da ristrutturare in mezzo al bosco, a Casa Danti.

«Abbiamo due figli - dice - una ragazza di 30 anni che vive a Roma e un maschio di 21. Non abbiamo mai fumato erba insieme, non ho mai fatto proselitismo. Ognuno deve essere libero di fare le proprie esperienze. Quella mia e di mia moglie è una battaglia per la dignità. Non tolleriamo di essere additati come criminali o drogati». Parole che pesano, quando si vive a Santa Fiora e si combatte la battaglia per la legalizzazione della coltivazione della marijuana. «Pesano così tanto che mia moglie, dopo trent'anni - dice - ha smesso di fumare. Sono nove mesi, e non lo rifarà finché non si saranno conclusi anche i processi d'appello. Lo ha detto anche al giudice, per dimostrare che la cannabis non dà assuefazione». Ora, per i coniugi dal pollice verde che coltivano quelle piante con la foglia a sette punte, comincia la battaglia più difficile. Quella di creare un movimento, attraverso la loro associazione, per cercare di cambiare le cose. Perché l'assoluzione in tribunale, arrivata a gennaio dell'anno scorso, non basta.

fonte: iltirreno.gelocal.it
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LETTERA APERTA A GIUDICI E PM. di Giancarlo Cecconi

Egr. Dott. Gliozzi, non mi sarei permesso di scriverLe queste righe se non dopo averLe chiesto il permesso di contattarLa.
Ho provato telefonando in Procura, ma mi è stato detto che le comunicazioni possono avvenire solo in forma scritta e quindi Le scrivo con la speranza che voglia dedicare a questa lettera un poco di attenzione.

Sono Giancarlo Cecconi, imputato per coltivazione di cannabis e processato il 18 giugno insieme a mia moglie.
Sento il dovere di scriverLe perché ormai sono due anni che lotto per difendere la nostra dignità e quella di chi, come noi, viene assurdamente scambiato per un criminale o per un drogato.

Sinceramente, continuo a rimanere stupefatto di come non vengano prese in considerazione le qualità dell’individuo e di come questi sia invece soggetto a semplici norme che, avendo un potere temporale, variano di era in era e di epoca in epoca.
Io, mia moglie e molti altri facciamo dell’uso della canapa un sacramento, in virtù della filosofia di vita che il destino ci ha fatto abbracciare e perseguire da moltissimi anni.
Questo può non essere condivisibile, ma dovrebbe essere assolutamente tollerato se non vengono provocati danni alla società e all’individuo.

In tutte e due le vicende che abbiamo dovuto affrontare, i primi a rendersi conto dell’anomalia legislativa sono stati proprio i Carabinieri, che dopo aver constatato di come la nostra vita fosse ineccepibile da un punto di vista fiscale, sociale e sanitario, con rammarico dovettero portare a termine l’operazione per la quale erano preposti.
Io penso che l’attivazione di tre caserme (Barbarano Romano, Santa Fiora e Arcidosso), di due istituti penitenziari (Grosseto e Civitavecchia) e i procedimenti penali conseguenti, siano un grande spreco di forze ed energie se convogliate nella repressione di gente come noi, anziché contro coloro che turbano realmente il vivere civile e sociale.

Quando uscii di cella, dopo due giorni di isolamento, il mio primo pensiero fu quello di far conoscere la nostra storia, perché ritenevo assurdo che un artigiano di 57 anni e sua moglie di 50 fossero fermati alle 11 di mattina in una deserta strada di campagna del viterbese per un semplice controllo stradale e di come questo, dopo informazioni sui nostri precedenti (la comunità indiana), sia potuto diventare un incubo.
Perquisizioni corporali, domiciliari, foto segnaletiche, impronte, manette, arresto …soldi per l’avvocato e decine di conseguenze negative che si sono svolte parallelamente in virtù della vicenda.

Scrissi immediatamente al presidente Fini una lettera aperta che è stata pubblicata dal Tirreno e dal blog di Beppe Grillo (tutt’ora visibile digitando su google “galera in modica quantità”) e il Manifesto credette opportuno pubblicare il mio diario di prigionia per l’assurdità del caso (l’articolo è visionabile digitando la stessa frase “galera in modica quantità” nel blog di sottoosservazione).
Mi arrivarono così tante mail di solidarietà e testimonianze di persone che vivevano il mio stesso disagio che decisi di mettermi alla testa del movimento per la legalizzazione, acquistando un dominio che La invito a visitare:
http://www.legalizziamolacanapa.org
e attraverso questo cercare di organizzare le realtà antiproibizioniste in una Coalizione in grado di smuovere l’indifferenza nei confronti di una legge persecutoria e discriminante.

Ma parlare di legalizzazione sembra a noi, per primi, un obiettivo illusorio e quello che in verità vorremmo potesse esserci è una pura e semplice tolleranza attraverso una regolamentazione della coltivazione domestica, verso chi usa la canapa per poter alleviare i propri mali, per chi la ha riconosciuta come veicolo spirituale e per chi nel pieno diritto di privacy la usa all’interno delle proprie mura domestiche.
Siamo sempre stati in prima linea nella lotta contro l’uso delle droghe e non abbiamo mai assunto polveri, droghe chimiche, superalcolici o psicofarmaci e continuiamo a batterci contro il “culto dello sballo” e le nefaste conseguenze nel mondo giovanile.

Per sensibilizzare il mondo politico su questi temi abbiamo redatto e spedito ad ogni parlamentare (630 copie) il dossier “la Canapa: una Pianta” che Le allego e che spero Lei gradisca e voglia consultare, stiamo stilando quotidianamente un bollettino delle vittime della guerra dello Stato contro la canapa (circa 3-4 arresti al giorno documentati), che inviamo mensilmente a tutti i parlamentari e a tutti i media, dove cerchiamo di mettere in evidenza come sia assurdo tanto spreco di denaro pubblico contro una criminalità di fatto inesistente, ho partecipato come portavoce della Coalizione a due trasmissioni radiofoniche, una sulla Rai con la dott.ssa Palombelli e un’altra su Radio Onda d’Urto, sono stato in parlamento due volte e con il sostegno del Partito Radicale stiamo organizzando una conferenza stampa alla Camera per settembre, ho scritto un libro e … noi più di questo non possiamo fare per dimostrare che è sbagliato e anacronistico fare di tutta l’erba un fascio, se non otteniamo la comprensione di chi in prima istanza deve applicare la legge.

Sono convinto che l’evoluzione della società non possa proseguire se non sostenuta dalla crescita della coscienza e quindi credo che nessuna legge possa essere considerata tale se non contemplata dal buon senso e per quanto riguarda i numerosi processi relativi alla coltivazione e uso di canapa, finora di buon senso ne è stato applicato poco e troppe esistenze sono state stravolte da una norma che denota caratteri fondamentalisti.

Lei avrà certo letto “il cacciatore di aquiloni” e ricorderà di come il padre del protagonista, sorpreso dal figlio a bere un bicchierino di whisky, cerchi di spiegare al ragazzo di come l’integrità morale e spirituale di un individuo non possano essere messe in dubbio da abitudini consapevoli anche se non condivise e sono le stesse parole che abbiamo sempre usato con i nostri figli.

E’ per questo motivo che mia moglie tentò il paragone tra l’Ostia e la nostra “Cannabis”, noi ci sentiamo come cattolici costretti in clandestinità in un Paese islamico, dove l’Eucarestia è proibita in quanto non riconosciuta la sacralità del vino e mi permetta, il paragone a noi sembra pertinente perché è proprio questo tipo di persecuzione che stiamo subendo.

Stiamo cercando di togliere dal disagio quanti sono coinvolti nell’applicazione di questa legge, siano essi semplici coltivatori o consumatori, Carabinieri dotati di sensibilità e PM e Giudici in grado di operare e decidere secondo i margini che il buon senso tende ad allargare nel ristretto mondo delle leggi.

Sono un appassionato di filosofia e vorrei in questa lettera citare umilmente Socrate che al momento di bere la cicuta, alla pressione che i suoi discepoli esercitavano su di lui perché si scusasse con le autorità e gli fosse risparmiata la morte, rispose che non in quanto colpevole accettava la condanna, ma l’accettava perché non era stato in grado di cambiare la legge, cosa per cui noi speriamo di contribuire per far si che questo avvenga.

Per concludere ci tengo a ricordarLe che l’uso spirituale della Cannabis è previsto e professato in molte religioni e noi crediamo come i Rastafariani, i Cristiani Copti, gli Induisti Shivaiti, lo Sciamanesimo, gli Animisti e i Canteisti, che la cannabis abbia un valore sacro ed essendo un veicolo spirituale (oltre che tante altre cose), non se ne possa vietare l’uso in quanto portatrice di Valori Universali:

“Usiamo cannabis per rilassare la nostra coscienza e permettere al nostro subconscio di raggiungere uno stato di meditazione, così da permetterci di migliorarci come esseri umani ed accrescere la nostra comprensione dell’essenza dell’Universo Vivente“.

Spero di non averLa importunata e di aver contribuito nel mio piccolo a difendere le nostre persone e cercare di smacchiare quella patina di sporco che si posa nell’anima quando si viene confusi e fraintesi.

In fede, cordialmente Le invio i miei saluti.

Giancarlo Cecconi
 
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